Champagne La Closerie Les Beguines Prevost
Prendo questa recensione dal sito di Vinoir, ma non posso non postarlo anche direttamente. Per due motivi: primo perche' ho la fortuna di avere una amica vera e appassionata di vini che mi ha regalato una bottiglia l'anno scorso per il mio compleanno e quindi ho avuto la fortuna di assaggiarlo. Secondo perche' ha suscitato delle emozioni cosi' profondi in me che e' diventato una esperienza mistica indimenticabile.
Quindi GRAZIE IKER e voi godetevi queste righe ... vi auguro che possiate sperimentarlo anche personalmente.
Champagne La Closerie Les Beguines Prevost
Stupore. Perfezione. Estasi. Uno Champagne definitivo, 'piccolo' e introvabile. Buonissimo.
Ci sono incontri che segnano per sempre. Imprevisti, imprevedibili, cambiano radicalmente la prospettiva.
Per chi scrive, è stato l’incontro con La Closerie Les Beguines di Jerome Prevost. Stupore, magia, meraviglia. Capire perché lo Champagne. Perché lui, da sempre, aldilà di miti, stereotipi, derive modaiole, caricature, abusi, può riempire così sensatamente parole come stile, precisione estetica, emozione applicate all’artigianato vinicolo.
Prevost coltiva il suo ‘giardino’ di poco più di 2 ettari esclusivamente a Pinot Meunier. Il più rustico tra i 3 con-correnti dello Champagne (Pinot Noir, Chardonnay e Meunier appunto), e, per questo, molto raramente vinificato in purezza.
Prevost crea la sua cuvée Extra Brut utilizzando solo l’uva proveniente dalla sua vigna piantata a fine anni ‘50 del secolo scorso. Tanta cura. Solo contatti manuali per le sue amate uve.
In cantina, ancora cura, attenzioni, preservazioni. E talento. L’uso del legno, ad esempio. Il vino fermenta, tutto, in legno. Per metà barrique usate e per metà botti da 600 litri. Scelta non convenzionale che in realtà avrà certamente il suo peso nel fantastico risultato finale. Forse decisivo nel lavoro di smussamento delle componenti più ‘grezze’ del Meunier.
E ancora, nessun filtraggio, nessun dosaggio. Tutto volto a preservare quel che mani sagge e amorevoli sono riuscite a cogliere in vigna
Il risultato finale è splendore. Puro. Una bomba - lunga, suadente, irresistibile - di freschezza, mineralità, corpo. Profondità aromatica e gustativa. Tutto. Al. Massimo.
La degustazione racconta di emozioni sensoriali varie e in continuo divenire. Naso lungo e largo, subito fitto di note fruttate e floreali – viola, agrumi, ciliegia – e lievito da pasticceria. In sequenza arrivano spezie esotiche – pepe, curry – e frutta secca tostata – nocciole. Se l’olfatto è notevolissimo, in bocca è da choc. Cremoso, pieno, croccante. Una seta incredibile, tirata alla perfezione da una mineralità viva, lunga, perfetta. Dopo ogni piccolo, piccolissimo sorso, la preghiera che non finisca.
Vino-Opera. Monumento originale e vibrante all’essere Champagne.
Evocativo, romanzesco, pittorico come una canzone di Paolo Conte.
Elettrico, progettato, preciso come un brano di David Byrne.
Quindi GRAZIE IKER e voi godetevi queste righe ... vi auguro che possiate sperimentarlo anche personalmente.
Champagne La Closerie Les Beguines Prevost
Stupore. Perfezione. Estasi. Uno Champagne definitivo, 'piccolo' e introvabile. Buonissimo.
Ci sono incontri che segnano per sempre. Imprevisti, imprevedibili, cambiano radicalmente la prospettiva.
Per chi scrive, è stato l’incontro con La Closerie Les Beguines di Jerome Prevost. Stupore, magia, meraviglia. Capire perché lo Champagne. Perché lui, da sempre, aldilà di miti, stereotipi, derive modaiole, caricature, abusi, può riempire così sensatamente parole come stile, precisione estetica, emozione applicate all’artigianato vinicolo.
Prevost coltiva il suo ‘giardino’ di poco più di 2 ettari esclusivamente a Pinot Meunier. Il più rustico tra i 3 con-correnti dello Champagne (Pinot Noir, Chardonnay e Meunier appunto), e, per questo, molto raramente vinificato in purezza.
Prevost crea la sua cuvée Extra Brut utilizzando solo l’uva proveniente dalla sua vigna piantata a fine anni ‘50 del secolo scorso. Tanta cura. Solo contatti manuali per le sue amate uve.
In cantina, ancora cura, attenzioni, preservazioni. E talento. L’uso del legno, ad esempio. Il vino fermenta, tutto, in legno. Per metà barrique usate e per metà botti da 600 litri. Scelta non convenzionale che in realtà avrà certamente il suo peso nel fantastico risultato finale. Forse decisivo nel lavoro di smussamento delle componenti più ‘grezze’ del Meunier.
E ancora, nessun filtraggio, nessun dosaggio. Tutto volto a preservare quel che mani sagge e amorevoli sono riuscite a cogliere in vigna
Il risultato finale è splendore. Puro. Una bomba - lunga, suadente, irresistibile - di freschezza, mineralità, corpo. Profondità aromatica e gustativa. Tutto. Al. Massimo.
La degustazione racconta di emozioni sensoriali varie e in continuo divenire. Naso lungo e largo, subito fitto di note fruttate e floreali – viola, agrumi, ciliegia – e lievito da pasticceria. In sequenza arrivano spezie esotiche – pepe, curry – e frutta secca tostata – nocciole. Se l’olfatto è notevolissimo, in bocca è da choc. Cremoso, pieno, croccante. Una seta incredibile, tirata alla perfezione da una mineralità viva, lunga, perfetta. Dopo ogni piccolo, piccolissimo sorso, la preghiera che non finisca.
Vino-Opera. Monumento originale e vibrante all’essere Champagne.
Evocativo, romanzesco, pittorico come una canzone di Paolo Conte.
Elettrico, progettato, preciso come un brano di David Byrne.
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